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Categoria: Giurisprudenza

L’applicabilità dell’accesso civico generalizzato alla materia degli appalti

È legittimo il diniego di accesso civico agli atti di una gara pubblica e a quelli di esecuzione del contratto, chiesti da un operatore del settore escluso dalla procedura, opposto sul rilievo che i dati, gli atti e le informazioni richiesti possono pertanto essere totalmente ricompresi nel concetto più generale di “atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici” di cui al comma 1 dell’art. 53, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei Contratti).

Tar Emilia Romagna – Parma, Sez. prima, sentenza n. 197/2018

Come distinguere i dati personali dai dati meramente identificativi?

La Corte di Cassazione si è pronunciata su una questione molto importante fornendo una distinzione tra dati “personali” e dati meramente “identificativi”. Nello specifico viene chiarito che, premesso che la definizione di “dato personale” è molto ampia e comprende senz’altro il nome, il cognome e l’indirizzo di posta elettronica, a ben vedere il concetto di “dato identificativo” non va tenuto distinto da quello di “dato personale”, rappresentando una species all’Interno del genus principale. Invero, mentre il “dato personale” è quel dato che consente di identificare, anche indirettamente una determinata persona fisica, i “dati identificativi” sono dati personali che permettono tale identificazione direttamente.

Corte di Cassazione, Sezione civile, ordinanza n. 17665/2018

ll whistleblower non può denunciare fatti inerenti a contrasti lavorativi

Il TAR della Campania ha chiarito un aspetto controverso relativo alla recente disciplina del whistleblowing. In particolare, il collegio campano ha evidenziato che il whistleblowing non è utilizzabile per scopi essenzialmente di carattere personale o per contestazioni o rivendicazioni inerenti al rapporto di lavoro nei confronti di superiori. Questo tipo di conflitti infatti sono disciplinati da altre normative e da altre procedure.

Tar Campania, sezione VI, sentenza 3880/2018

Trattamento illecito dei dati del lavoratore: il datore è tenuto al risarcimento

La Corte di Cassazione in una recente pronuncia ha stabilito che in caso di trattamento illecito dei dati del lavoratore da parte del datore di lavoro vi sia l’automatica sussistenza del danno, a meno che il datore di lavoro non riesca a dimostrare di aver posto in essere tutti gli accorgimenti necessari per evitare la diffusione delle informazioni, o che la lesione arrecata al lavoratore sia irrilevante o che il lavoratore abbia tratto vantaggio dalla pubblicazione dei dati.Una pronuncia molto importante che – specialmente dopo la piena applicabilità del GDPR – deve stimolare valutazioni sull’adeguatezza delle misure di sicurezza per il trattamento dei dati del personale (e non solo degli utenti).

Corte di Cassazione, Sezione Civile I, ordinanza 14242/2018

Privacy: Illegittima la pubblicazione dei redditi online

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’Agenzia delle Entrate ha violato la privacy dei contribuenti quando ha pubblicato (nel 2008) sul proprio sito web gli elenchi delle dichiarazioni dei redditi dell’anno 2005. La pubblicazione fu immediatamente censurata dal Garante Privacy che, ai tempi, dichiarò sproporzionate e quindi illegittime le modalità di pubblicazione. Per la Corte “quegli elenchi hanno avuto, per le caratteristiche proprie della rete, una diffusione certamente ben superiore rispetto ai limiti territoriali e temporali imposti dalla normativa, così violandosi non solo i principi e le regole che presiedono al trattamento dei dati personali ma anche le specifiche norme che, nel caso di specie, miravano a scongiurare una consultazione indiscriminata dei suddetti dati, rendendoli fruibili per tempi più lunghi oltre che per finalità (anche) ben diverse da quelle avute di mira dal legislatore“. Una pronuncia importante per ribadire lo stretto obbligo delle amministrazioni – quando vi sono dati personali – di attenersi alle modalità di pubblicazione previsti dalla legge, così come eventualmente integrati dai provvedimenti delle Autorità competenti.

Corte di Cassazione Civile, Sezione prima, ordinanza 15075/2018

La notifica eseguita in violazione dell’art. 3 bis l. 53/1994 non è nulla

E’ quanto stabilito da un’ordinanza della terza sezione civile della Corte di Cassazione che ha affermato che la notificazione eseguita a mezzo posta elettronica certificata, se eseguita in violazione delle disposizioni di cui all’articolo 3 bis, l. 53/1994, non può mai comportare la nullità della stessa, se ha comunque prodotto il risultato della conoscenza dell’atto, ma la mera irritualità.

Corte di Cassazione, Sez. III civile, ordinanza n.15200/2018

L’amministratore di una fanpage su Facebook risponde del trattamento dei dati dei visitatori della sua pagina

La Corte di Giustizia, con una pronuncia che ha sta facendo molto discutere, ha ritenuto che l’amministratore di una pagina sul social network Facebook risponda – insieme a Facebook – del trattamento degli utenti. Infatti, l’amministratore partecipa, attraverso la propria azione d’impostazione dei parametri alla determinazione delle finalità e degli strumenti del trattamento dei dati personali dei visitatori della sua fanpage. Secondo la Corte, quindi, la circostanza che un amministratore di una fanpage utilizzi la piattaforma realizzata da Facebook per beneficiare dei servizi a essa collegati non può esonerarlo dal rispetto degli obblighi ad esso incombenti in materia di protezione dei dati personali (tra cui rientra sicuramente la predisposizione di un’adeguata informativa agli utenti).

Va sanzionato il comportamento di chi non fornisce le informazioni richieste dal Garante Privacy

Con l’ordinanza adottata nel caso di specie,  la Corte ha evidenziato che è deve essere sanzionata la condotta di chi non collabora con il Garante per la protezione dei dati personali in caso di richiesta di informazioni da parte di quest’ultimo. La Corte ha anche evidenziato che la necessità di collaborare con l’Autorità ha la finalità di consentire al Garante di acquisire il più rapidamente possibili le informazioni utili a salvaguardare la riservatezza degli interessati.

Corte di Cassazione, sezione civile, ordinanza n. 15332/2018

Sottoscrizione del ricorso in formato CAdES, anziché PAdES

Il ricorso notificato e depositato con sottoscrizione in formato CAdES, anziché PAdES, è ammissibile e l’unica esigenza di regolarizzazione riguarda il deposito di un atto in nativo digitale sottoscritto in PAdES. Con questa pronuncia, il Tar Lazio ha chiarito che – al fine di considerare validamente apposta la firma sul ricorso – è sufficiente la sottoscrizione digitale con formato CAdES, tra l’altro pienamente idonea ad assolvere la funzione di attestare la provenienza dell’atto in capo al suo autore.

Tar Lazio, sentenza 25 maggio 2018 n.5912

Il computer in dotazione al dipendente può essere soggetto a controllo

Con l’ordinanza n. 13266/18,  la Cassazione ha confermato che devono essere considerate ammissibili le verifiche effettuate tramite il tracciamento informatico se dirette ad accertare comportamenti illeciti del dipendente che abbiano un effetto lesivo sul patrimonio aziendale e sull’immagine dell’impresa. Ne consegue, ad avviso della Corte, che i dati raccolti in un’indagine sull’utilizzo del computer da parte del dipendente possono essere validamente posti a fondamento di un licenziamento disciplinare.

Corte di Cassazione, Sezione lavoro, ordinanza 28 maggio 2018 n. 13266

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